Progettare l'onboarding
Il primo utilizzo di un prodotto racchiude tutte le nostre aspettative: progettarlo bene significa permettere alle persone di raggiungere risultati immediati.
Ciao,
questa è l’edizione #57 di Designabile, l’appuntamento mensile dedicato al product design digitale.
Questo mese parliamo di come progettare l’esperienza di onboarding, il momento in cui un prodotto deve mantenere la parola data sul valore promesso. Come cambieranno i prodotti digitali nell’era “AI-First”? Tom Rowson identifica le prossime sfide che ci attendono. Tra una settimana, invece, torna UXDay a Faenza.
Buona lettura 📖
🛋️ APPROFONDIMENTO
Guidare l’utente al primo utilizzo
Quando pensiamo all'onboarding, spesso ci viene in mente un tour guidato, un tooltip che spunta da qualche parte, o un'animazione che presenta una nuova feature. Ma l'onboarding non è (solo) questo. È il momento in cui un prodotto, dopo aver promesso un valore, inizia a mantenerlo.
E qui sta la differenza: non si tratta di mostrare cosa può fare il tuo prodotto, ma di far sì che l'utente lo usi per ottenere il suo primo risultato significativo.
L'onboarding è un'esperienza, non una sequenza
Troppo spesso pensiamo all'onboarding come a una sequenza chiusa: schermo 1, schermo 2, schermo 3. In realtà, l'onboarding è un processo che si svolge lungo l'intera esperienza iniziale dell'utente.
Può essere lineare o distribuito in più fasi, attivo o passivo, ma lo scopo non cambia: deve portare l'utente a completare la sua prima azione di valore il più rapidamente possibile.
Un onboarding ben progettato non spiega il prodotto—lo fa usare. E per farlo bene, serve conoscere a fondo la motivazione di chi lo sta usando.
Il "lavoro" che l'utente vuole completare
Ogni persona arriva nel tuo prodotto con un intento specifico: risolvere un problema urgente, esplorare una nuova soluzione, o scoprire qualcosa che potrebbe cambiargli la giornata. Questo intento, però, raramente viene espresso in modo esplicito.
È nostro compito identificare il job to be done dell'utente e progettare l'onboarding per guidarlo efficacemente verso quel risultato.
Un esempio concreto: se qualcuno si iscrive a uno strumento di project management alle 23:30 di martedì, probabilmente non è lì per "esplorare le funzionalità". Ha un progetto che gli sta sfuggendo di mano e ha bisogno di una soluzione, subito.
L'onboarding va oltre la presentazione delle funzionalità: deve ridurre le frustrazioni, eliminare gli ostacoli e anticipare i bisogni dell'utente. Non è un tutorial—è un acceleratore del valore.
Progettare per la motivazione (che si consuma rapidamente)
La motivazione dell'utente è più forte all'inizio, ma anche incredibilmente fragile. Ogni secondo perso, ogni informazione superflua, ogni clic in più la erode.
Per questo, i migliori onboarding non sono quelli che mostrano tutto, ma quelli che mostrano il minimo indispensabile per far compiere all'utente il primo passo utile.
Questo può significare:
Nascondere temporaneamente parte della complessità
Personalizzare l'esperienza in base al contesto di arrivo
Mostrare risultati immediati, anche se parziali
L'onboarding ideale è quello che capisce chi sei e ti aiuta ad arrivare dove volevi andare, non dove il prodotto vuole che tu vada.
I 3 pilastri di un onboarding efficace
Un onboarding che funziona è sempre l'unione equilibrata di tre elementi:
1. Educazione – Spiega cosa fa il prodotto, ma nel momento giusto e con il linguaggio dell'utente. Non quello del team di sviluppo.
2. Motivazione – Rafforza continuamente la ragione per cui l'utente è arrivato e crea un senso tangibile di progresso. Celebra anche i piccoli successi.
3. Supporto – Rende semplice chiedere aiuto, tornare indietro, o riprovare senza sentirsi mai bloccati o giudicati.
Questi tre pilastri possono prendere forma attraverso micro-interazioni, UI progressive, notifiche contestuali, email di follow-up, o anche un semplice messaggio di benvenuto scritto bene.
L'onboarding non finisce mai
Il primo login non è l'unico momento in cui l'utente ha bisogno di essere guidato. Nuove funzionalità, aggiornamenti significativi, cambiamenti di contesto d'uso: ogni momento può diventare un micro-onboarding se progettato con cura.
Pensare a un onboarding continuo significa progettare per la crescita dell'utente, non solo per l'attivazione iniziale. Un utente esperto oggi è stato un principiante ieri. E un principiante di domani potrebbe essere un utente di lunga data che torna dopo mesi di assenza.
La domanda da porsi non è "Come spiego il mio prodotto?" ma "Come aiuto questa persona a ottenere il risultato che cerca, nel modo più veloce e piacevole possibile?"
Quando l'onboarding risponde a questa domanda, smette di essere un ostacolo da superare e diventa il primo momento di valore del prodotto.
Link utili
UserOnboard.com - Le famose teardown di Samuel Hulick che analizzano screen per screen i flussi di onboarding delle app più popolari
⭐️ NOVITÀ
AI-First: progettare la prossima generazione di prodotti AI
Oltre le solite chat con l'AI, stanno nascendo i prodotti AI-first: applicazioni costruite da zero attorno all'intelligenza artificiale. Tom Rowson identifica le sfide principali per i designer: capire cosa vogliono utenti ancora impreparati, ripensare le interfacce per interazioni più flessibili, aiutare con i prompt, progettare percorsi meno lineari e comunicare chiaramente i limiti dell'AI. Un cambio che potrebbe aprire "campi di attività umana completamente nuovi".
🧰 RISORSE
See ♦︎ Saw - web design inspiration
Una galleria di siti web “vecchia maniera”. Nell’era dell’AI e del vibe coding, dove tutto è MVP o prototipo (molto simili tra loro), se sei alla ricerca di ispirazione di qualità questo è il posto giusto.
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Il 6 giugno torna UXDay
Il tema di quest’anno è un grande classico della nostra professione: il rapporto tra designer e developer.
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Ciao, Francesco